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MAMMA, SONO VITA. FAMMI NASCERE

Questo scritto è pieno di rabbia, pieno della mia ira di donna e di essere umano. Di donna che ha dato la vita e che rimane sdegnata dalle speculazioni politiche e sociali, e dalle mercificazioni che si fanno attorno a una tragedia umana quale può essere l’aborto. Mi rivolgo alle donne, tutte, ma soprattutto a quelle che si definiscono femministe, volendo dare, con tale termine, un’accezione positiva all’universo femminile legato all’interruzione di gravidanza. Sbagliando.

Femminismo, un termine non usato ma abusato, che presuppone una differenza tra uomo e donna. Differenza che anatomicamente esiste. Punto. Se si valida una rivendicazione femminile, si conferma una differenza di status, che  non esiste. Sussiste invece una differenza di ruoli. Ed è giusto che sia così. L’uomo e la donna sono due creature simili e diverse che vivono in simbiosi, l’uno non può fare a meno dell’altra. Solo con l’unione di due corpi fisiologicamente sinergici nasce la vita. E perché se un figlio si concepisce in due, portare avanti una gravidanza dovrebbe essere deciso solo dalla donna? Perché ha l’utero? Non se ne farebbe nulla del suo utero senza l’uomo, così come l’uomo non se ne farebbe nulla del suo seme crea-vita senza di lei. Eccola, portatrice di grandi conquiste, ergersi a sola padrona dell’essere che ha in corpo. Eccola ancora una volta lì a decidere se dare la vita o ammazzare un essere vivente.

L’aborto non è una conquista di civiltà, è un abominio. Cosa c’è di civile in una pillola che uccide una vita umana? Cosa c’è di etico nell’aumentare la libertà della donna a scapito di una vita? E questa sarebbe libertà? La donna, la stessa donna che subisce violenze fisiche e/o sessuali, che tante volte rincorre il suo aguzzino, condanna violenze e atrocità, si sporca le mani, con una tremenda barbarie, ancor più del suo orco?

Dove sono quelli che si battono il petto condannando terroristi, brigatisti, mafiosi, camorristi, perché assassini, ed elevano a conquista dell’umanità una simile atrocità? Non si era detto che non esistono i morti di serie A e quelli di serie B? Non si era detto che gli assassinati sono tutti uguali di fronte a Dio così come gli assassini di fronte alla legge? E perché questo non vale per un’anima di pochi giorni o poche settimane, anima che è già vita, ma solo per chi dal ventre materno ha avuto la grazia di uscire? Ci facciamo portatori di sentenze, diventiamo tutti giudici quando si tratta di vicende di uomini. Piazze e stazioni che saltano in aria come pop-corn in padella, treni ed aerei maciullati da bombe micidiali, catastrofi naturali, terremoti e tsunami che spezzano la vita in meno di un secondo: invochiamo la giustizia, celeste e terrena. E poi uccidiamo i nostri figli, osannando la celebrata libertà, lavandoci la coscienza come le macchie con la candeggina.

Cosa c’è di più abominevole di un assassinio di un bambino? Un essere nel ventre materno perché mai dovrebbe avere meno diritti e meno dignità di un bimbo ucciso dalla propria madre ma a tre anni, a sei, a cinque mesi? Soffocato nella vasca durante il bagnetto, gettato in un lago, fatto volare giù dal quinto piano, perché?

<<Ha presente un nodo scorsoio? L’effetto è esattamente quello di un cappio che si stringe attorno al collo di un esserino che ha già mani, gambe e braccia. Ma ci mette cinque giorni ad asfissiarlo>> Queste le parole del ginecologo di fama mondiale, prof. Antinori, che ne sa sicuramente più di me, di chi legge e di tutte le persone sedute sulle sedie del potere o comuni mortali seduti a casa a commuoversi davanti alla tv per una strage di mafia.

E ancora: vogliamo ricordare gli effetti che la RU 486 ha sulle donne? Nausee, vomito, e pericolosissimi sanguinamenti, col 30 per cento di possibilità di dover poi ricorrere a interventi chirurgici di completamento dell’aborto. A ciò si aggiunge un rischio di infertilità del 15 per cento, e al rischio di mortalità, motivo per cui Paesi come Francia, Australia, o la liberalissima Svezia, l’hanno quasi ormai vietata.

Certo, quella donna che oggi abortirà, magari tra 3 anni vorrà un figlio e lo farà nascere. Poi dopo 2 anni resterà incinta, ma non si sentirà ancora pronta per affrontare un’altra gravidanza, e allora, giù con la pillola. Poi ne passeranno altri 3, allora sì, lo vorrà.  E poi ancora ad abortire o a dare la vita a suo piacimento. Un oggetto, sì, una vita innocente diventa uno squallido e scomodo oggetto.

Se questo significa essere donna, mi vergogno di esserlo, se questa è una conquista dell’umanità, preferisco considerarmi un animale piuttosto che un essere umano.

LINA PASCA